giovedì 11 ottobre 2007

Domenica a Taza

Oltre alla pettinatura, un tratto decisamente più personale mi distingue da Donald Trump.
Chi di voi avesse per sventura mai assistito ad una puntata del reality show “The Apprentice”, avrà ammirato l’ottusa risolutezza con cui il simpatico magnate americano, al grido di: “You’re fired!”, licenzia, al termine di ogni episodio, uno o piu concorrenti. Tralasciando il fatto che generalmente vengono cacciati simil bancari di origine asiatica e vengono assunte ex conigliette di playboy, l’aspetto piu agghiacciante é la tracotante aggressività con cui il pettinatissimo ex marito di Ivana Trump si scaglia contro gli apprendisti da licenziare.
Ecco, non é esattamente con la stessa fredda determinazione che domenica ho pronunciato il primo (e mi auguro ultimo) “You’re fired” della mia vita.

“Sono 800 Dirhams (circa 70 euro) e ritiro della patente... ma se mi offri un caffé possiamo metterci d’accordo.”
Ti sei svegliato alle 4.30 di domenica mattina, hai accompagnato Giancarlo in aeroporto e hai preso la strada per Rabat. Sei uscito allo svincolo per Meknes – Fes, hai superato indenne una decina di posti di blocco inutili, hai rispettato con scrupolo anglosassone la casuale alternanza (da 40 a 80 kmh) dei limiti di velocità facendoti beffe di innumerevoli autovelox clamorosamente fasulli. Ma entrato finalmente in autostrada, quasi all’altezza di Me
knes, ti sei fatto incastrare da una coppia di gendarmi molto ben appostata. Il primo ti ha minacciato con una patente di cartongesso (“Vedi, questa l’ho appena ritirata”), vera come i videoregistratori di legno che spacciavano nei parcheggi degli autogrill, il secondo ha stabilito a caso la tua velocità (132 kmh) e ti ha presentato il conto. Hai saldato con 50 dirhams e sei ripartito: mancavano ormai solo 200 km a Taza e li hai percorsi tutti d’un fiato, con un occhio fisso sul tachimetro e la ferma convinzione che non ti saresti più fatto fregare.

Abbiamo una fabbrica di pali in cemento 450 km a nord est di Casablanca. Abbiamo scoperto che facevano pali senza matrice, li vendevano in nero e intascavano il guadagno. Avevamo le prove.
“Giancarlo é in Italia (- cazzo lo so, l’ho portato io in aeroporto -), io non posso muovermi da Ouarzazate, vai tu a licenziare il direttore della fabbrica e i suoi scagnozzi?”.
Certo, come no, te lo stavo chiedendo io.

Ti sei presentato come il direttore generale venuto in missione dall’Italia, hai finto di esaminare registri sperando di indovinarne il verso, hai visitato cantieri ostentando sicurezza e competenza, hai interrogato operai reticenti:
“Chi ha caricato i pali stamattina?”
“Non é venuto nessuno a caricare i pali stamattina”
“Ma come? E i 5 che mancano?”
“Ah già, li ha caricati mio fratello”
“Dammi il numero”
“Mio fratello non ha il cellulare”.
“E quello sul camion che sta telefonando chi é?”
“Mio fratello”
Hai resisitito stoicamente per 5 ore in jeans e camicia ai 37° di Taza.
E alla fine hai convocato i responsabili e hai comunicato che insomma, i conti non tornano, ci sono dei punti da chiarire e non è che vi sto licenziando, pero’ adesso prendiamo noi la gestione della fabbrica e voi per qualche giorno rimanete a casa, poi vi faremo sapere. Ma in cuor tuo non eri convinto e nemmeno tanto felice e quasi ti sei sentito in colpa a recitare il tuo ruolo di fronte a quei disgraziati. E quando, forti di una coscienza non proprio immacolata e di un’innato senso drammatico, ti hanno salutato con le lacrime agli occhi sei stato sul punto di cedere, ma hai tenuto duro.

Sono partito alle 5, ho guidato per 900 km, ho licenziato 3 persone e sono rientrato alle 21.30. E sono andato a letto col magone.

Come faceva quella canzone di Lionel Richie? “Because I’m easy… easy like Sunday morning…”

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao sono marocchino però vivo in italia da 10 anni, un consiglio la prossima volta non fermarti come fanno molti se no dagli solo 20 dirham

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